saverio parma ha inviato un aggiornamento: 12 anni, 7 mesi fa · Vedi
FULVIO COSTA – QUELL’ULTIMO SALUTO
E’ una sera di maggio dell’ormai lontano 1982, al rientro dal lavoro mia madre mi accoglie dicendomi “Ho saputo che c’è Fulvio Costa ricoverato all’ospedale di Vicenza, cosa dici se domani andiamo a trovarlo?” E così la sera successiva eccoci nella stanzetta di Fulvio. E’ solo ed abbiamo la possibilità di raccontarci. E ce ne sono di cose da raccontare, soprattutto lui, innanzi tutto dell’incidente occorsogli mentre gioca con il cane e una pallina da tennis, quel morso accidentale che sembra sia la causa innescante di questo suo star male, ma anche delle sue gare, le sue vittorie, un recente meeting in Australia. Rimango ad ascoltarlo con quel senso di ammirazione che sempre ho provato nei suoi confronti, mescolato ad una buona dose di invidia, soprattutto per il suo poter girare il mondo continuando in quel gioco che ci aveva accumunato per tanti anni. Io da qualche stagione ho chiuso con l’atletica, la mia mente aveva bisogno di orizzonti che si spingessero oltre i confini di quel giro di pista, ma non ho smesso di tenermi legato a quel mondo che tanto mi ha dato. Arriva il momento dei saluti, Fulvio vuole accompagnarci lungo quel triste corridoio di ospedale e rimango colpito da quel suo trascinare i piedi su di un paio di misere ciabattine, quei piedi che ero sempre stato abituato a vedere volare sulle piste di atletica. Prima di lasciarmi andare però mi vuole fare una confidenza: “Saverio, non sai quanto ti invidio per il fatto di esserti tirato fuori da questo mondo. Tu non hai idea di come siamo ridotti noi atleti”. Gli auguro una pronta guarigione e ci abbracciamo in quello che al momento non sapevo sarebbe stato il nostro ultimo saluto.
Qualche giorno dopo un amico mi telefona a casa “Ho sentito al TG regionale che Fulvio Costa è morto”. E al grandissimo dolore per la tragica ed assurda scomparsa del carissimo amico si mescola la tristezza di quella sua ultima confidenza. Una tristezza destinata a trasformarsi in rabbia qualche mese più tardi quando suo padre racconta al mio di trasfusioni di sangue di atleti africani che si allenavano in altura e di soldi che la federazione aveva offerto per mettere tutto a tacere.
Dentro di me in quei giorni muore anche quella visione incantata che da sempre avevo per il mondo dello sport. Da allora ho sempre continuato a correre e a praticare svariate attività sportive ma, tranne una piccola parentesi con le corse in montagna ed una maratona condivisa con mia moglie Marilisa, non ho più praticato sport agonistico. E nemmeno l’ho più guardato alla tv o seguito nei giornali anche se devo confessare che ogni tanto il mio amore per l’atletica mi fa soffermare davanti allo schermo quando vi trasmettono qualche bel meeting o in occasione delle olimpiadi. Ma con occhi disincantati. Tutti gli scandali che continuano a susseguirsi nel mondo sportivo legati a doping, combine, scommesse, mi convincono sempre più che a certi livelli tutto diventa cosa sporca.
L’anno scorso dopo più di trent’anni torno a correre in una pista di atletica. L’occasione mi viene data dai campionati studenteschi provinciali delle scuole medie a cui parteciperà anche mia figlia Chiara. Per prepararla la porto assieme ad alcune sue amiche in pista a Dueville dove assieme corriamo alcune ripetute. Lo ammetto è un’emozione forte. Ma un’emozione ancora più forte la provo alcuni giorni dopo quando, presomi una mattinata di ferie, sono ad assistere alle gare. Il solo entrare nel campo di via Rosmini è per me un gran tuffo al cuore. Quanti bei ricordi. Ed è il giorno in cui mi riappacifico con lo sport. Nel vedere la spontaneità e l’entusiasmo di quei ragazzi ho ritrovato il vero significato dello sport nella sua funzione di divertimento, di impegno, di fatica, di educazione. Lo sport quale scuola di vita. Vedo ragazzi gioire per la vittoria e altri delusi per la sconfitta, vedo impegno, passione, entusiasmo, voglia di fare. Nella spontaneità di quei giovani rivedo le gambe agili e veloci di Fulvio, quelle potenti di Diego, rivedo i balzi di Massimo e i salti di Sergio, riammiro Paolo saltare gli ostacoli come una gazzella. Rivedo la mia giovinezza, la mia bella generazione che giocava a correre l’uno più veloce dell’altro, che tentava di saltare qualche centimetro in più, che cercava di essere la migliore ma, cosa più importante, rivedo la gioia e la voglia di essere prima di tutto amici.
Ha cessato di piovere, è ora che mi alzi da questa sedia, è ora che spenga il pc, che indossi tuta e scarpe da ginnastica e che vada a farmi una corsetta solitaria sugli argini dell’Astico. Ma oggi più che mai non sarò solo, mi accompagnerà Fulvio, con quella sua maglietta su cui aveva fatto stampare “Run for Fun”, ma assieme a lui ci saranno anche tutti gli altri amici che assieme a noi hanno potuto godere di quella fantastica avventura che sono stati i nostri anni nell’atletica vicentina. Via che si va. Chi arriva primo a quell’albero vince….